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Riforma Ordine: eppur si muove

di Carlo Picozza: consigliere regionale Ordine dei Giornalisti

È un primo passo. Un ‘”eppur si muove” dentro il torpore di un Ordine obsoleto: il presidente nazionale, Carlo Bartoli, in qualche modo, dopo le sue opportune “visite pastorali” ai Consigli regionali (nel Lazio è venuto qualche settimana fa), avrà fatto tesoro delle indicazioni fornitegli sulla “riforma”.

Si badi bene, siamo ancora distanti dai punti indicati da noi nell’incontro e da quelli elencati nel nostro programma.

Intanto, la riforma: vorrei far notare che dovrà riguardare certo i nuovi criteri e i nuovi profili professionali per l’accesso all’albo ma anche la revisione radicale degli esami di Stato, oggi grottescamente uguali per tutti e tarati (con i soli testi scritti), sull’unica figura giornalistica, quella tradizionale, il redattore di una testata di carta stampata…

Eppure, i potenti sommovimenti tecnologici degli ultimi trent’anni e la diffusione di Internet hanno fatto germogliare nuovi profili, dal social media manager al videomaker, all’infografico, etc.

È necessario, comunque, far muovere l’Ordine, spostare il “mastodonte”. Finalmente, almeno su ratio e logica, mi sembra, ci siamo.

Occorrerebbero, invece, decisione maggiore e più coraggio nell’individuare le nuove figure professionali. Senza tralasciare, nella riforma, gli aspetti quali-quantitativi della produzione giornalistica, scritti video, foto, audio… Va, insomma, scongiurato il rischio di tagliare fuori tutte le figure professionali nuove che non producono ma rilanciano e socializzano. Potrebbero essere consumate altre grandi esclusioni dalla riforma. Per esempio, quella di quanti elaborano gli algoritmi, fondamentali nella produzione e nella esposizione di un prodotto editoriale.

Nell’incontro con Bartoli avevamo proposto una sorta di Conferenza dei servizi con dentro il sindacato, l’Inpgi, l’Inps, la Casagit, il Fondo complenentare, per declinare più compiutamente i connotati delle possibili new entry. A mio parere bisognerebbe insistere su questo versante perché la riforma riguarda tutti (ciascuno con la propria missione e la propria autonomia). Sarà certo l’Ordine a fare sintesi ma non si può prescindere dal concorso degli altri, soprattutto del sindacato. Anche perché, come abbiamo pure scritto nel nostro programma, i colleghi giovani, per lo più precari, sono superfruttati e sottopagati e l’Ordine non può aggiungere al danno finanziario prodotto dagli editori (che, nella stragrande maggioranza dei casi, corrispondono compensi miserrimi) la beffa dell’istituzione pubblica che, su base regionale, nell’autonomia dei singoli Consigli, potrebbe respingere le domande.

Occorrerebbero maggiore coraggio da parte dei consiglieri e minore burocrazia (che produce discrezionalità) degli uffici. In pratica, si tratta di accertare lo svolgimento effettivo dell’attività giornalistica (articoli, testi letti, etc) e alzare o no la paletta verde.

In merito alla “assenza” della testata, vi porto l’esempio della Rai: se si fosse fatto riferimento alla testata sarebbe stato difficile trovare una via di accesso per tanti che pure svolgono attivitá giornalitica “al di fuori”.

In questa fase assumersi la responsabilità del proprio ruolo potrebbe anche voler fire, in assenza di risposte chiare da parte delle istituzioni centrali dello Stato, cominciare anche a mettere in campo delle ragionate, condivise e trasparenti “forzature di giustizia”.

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