Non è stata, né voleva esserlo, una giornata di studio sul contratto quella organizzata ieri da Stampa Romana.
Abbiamo invitato politici, giuristi, economisti, sindacalisti non solo di categoria proprio per avere un quadro largo delle forze che agiscono sul terreno della rappresentanza e del mondo del lavoro per farne derivare scelte concrete.
Sappiamo che il contratto Fnsi-Fieg costituisce l’architrave del sistema ma sappiamo che quel contratto così com’è segna la corda e ha bisogno di una innovazione forte, sapendo che non esaurisce e non copre l’intera categoria.
Stampa Romana sta lavorando in Commissione Contratto per una serie di proposte organiche sul contratto Fnsi-Fieg da mettere a disposizione della Federazione nel momento in cui dovesse riaprirsi un tavolo negoziale con gli editori.
Dalla giornata di ieri sono arrivati alcuni segni univoci che certamente alimenteranno il nostro percorso sindacale.
Li passiamo in rassegna:
Tutti i relatori concordano sul fatto che tutti i contratti siglati dalla Federazione Nazionale della Stampa devono mantenere una cornice univoca e salda di diritti. Sulle diverse tipologie contrattuali e sui secondi livelli si deve agire solo sulla compatibilità economica ma non sulla differenza di tutele e diritti.
Il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso ha ricordato che la precarietà impoverisce la categoria. Ci sono tremila colleghi, tra falsi autonomi e nuove figure professionali, che possono essere articoli 1 e 2 del nuovo cnlg.
Altro problema da affrontare quello della tutela legale. Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l’informazione, ci ha ricordato che solo il 15% dei giornalisti ha tutela legale. Tutti gli altri sono esposti continuamente al rischio querele senza avere un adeguato paracadute ed è obiettivamente una minaccia per un giornalismo di qualità.
Gli editori sono ancora molto ascoltati dalla politica se sono riusciti ad ottenere, anche per ragioni legittime, 188 milioni da usare per i prepensionamenti. Risorse avute senza contropartite sindacali. I politici presenti, gli onorevoli, Verini e Menorello, concordano (hanno però ribadito) che la politica deve interessarsi del contratto dei giornalisti garantendo una cornice di diritti e tutele finalizzate ad una informazione pluralista e di qualità e assicurare risorse certe (e delle risorse) da destinare al settore. Un buon giornalismo fa bene al paese, alla democrazia del paese.
Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, ha lanciato l’idea di un contratto professionale. Sarebbe proprio la professione il dorso dei libri contrattuali, inclusi quelli destinati al pubblico impiego, da scrivere insieme. Tutto ciò in un ambiente che riconosca il valore professionale della categoria, dalle testate registrate per on line con contratti di lavoro veri alla netta distinzione del giornalismo dagli influencer, sirene che iniziano a penetrare nel core business delle aziende editoriali.
Il riconoscimento della negoziazione in una cornice costituzionale segnata dall’articolo 21 esiste già nella legge sull’editoria. Proprio per questa ragione il legislatore sviluppa quella indicazione costituzionale affidando risorse pubbliche a chi rispetta i contratti e relativi istituti di categoria. La stessa formazione professionale può essere un momento di sviluppo di un sistema attraversato da una innovazione rapida. Va inquadrata nel rapporto corretto con l’Ordine dei giornalisti senza trascurare percorsi di condivisione con gli editori.
Se la conflittualità è un orizzonte presente nelle dinamiche con gli editori la partecipazione dei lavoratori in Consiglio di Amministrazione, secondo la professoressa Simonazzi, ordinaria di economia politica della Sapienza, può rappresentare un passo in avanti nella direzione della trasparenza nelle scelte delle aziende.
Il jobs act ha prodotto poco e nulla in termini di ampliamento del mercato del lavoro ma la questione giovani, tra ricambio generazionale e innovazione, è ineludibile e va affrontata con tutte le misure, anche fiscali, disponibili. Non è retorica che i giovani sono il futuro e un sistema paese che lo dimentica non ha futuro come ha detto il vicepresidente del Cnel Gualaccini
Cgil, Cisl e Uil hanno sottolineato come i tempi della negoziazione, anche quando affrontati correttamente, sono troppo lenti rispetto ai cambiamenti tecnologici e degli attori in campo (vedi l’arrivo di Mediapro per i diritti del calcio). Anche per questo motivo l’unità sindacale con altre categorie può essere una buona base per analizzare e modificare i processi in corso, nel rispetto reciproco dei ruoli.
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