Rendersi indispensabili al lettore, fare in modo che la gente voglia tutti i giorni avere il proprio giornale da leggere e non ne possa fare a meno. In Inghilterra è così, Per gli inglesi leggere il giornale, e quel giornale, è come bere il thé delle cinque.
Facile a dirsi – si potrebbe obiettare – quando i social aggrediscono il modo di comunicare tradizionale, quando il ruolo di intermediazione dell’informazione è a rischio e la crisi incombe. Eppure Rossana Rossanda “la bolscevica”, così si definisce, tornata in Italia da meno di un mese, che incontriamo a Roma per una intervista, è convinta che la scommessa sia questa. D’altronde la sua esperienza di giornalista, fondatrice e direttore del quotidiano Il Manifesto, ci racconta proprio questo: di un foglio di rottura e di critica che – come disse all’epoca Paolo Murialdi – cambiò il modo di fare giornalismo (per primi si occuparono in modo più approfondito di politica estera) e si conquistò uno spazio significativo nel mondo dell’editoria. “A caro prezzo – ricorda – ma noi ne eravamo consapevoli ed eravamo disposti a pagarlo. Fu una bella avventura, ma fummo cacciati dal Pci”. Parla la storia e dunque non ci stupisce quando Rossana Rossanda consiglia ai giornalisti di rileggersi, un po’ di storia appunto, del movimento operaio “per riprendere un po’ di coraggio.
Nonostante l’età” molto avanzata – ha 94 anni – Rossanda tutti i giorni legge due quotidiani, segue i telegiornali e ha il soggiorno pieno di libri. Legge come ha sempre fatto nella sua vita e consiglia ai giovani di non rinunciarvi “se vogliono capire come va il mondo”. Non ama i social che – sostiene – “sono un invito alla mediocrità”. Ma non risparmia critiche al modo di fare informazione oggi in Italia. “La stampa – afferma – ha molte più possibilità di quante oggi usi. Io vedo un’informazione preoccupata di correre dietro al politico di turno, quasi tutta uguale, che si occupa di moda e di cibo. Ma per fare una stampa vera – aggiunge – si deve essere disposti a rischiare qualcosa”. Racconta di aver trovato un Paese depresso, “sempre pronto a dare la colpa di quello che accade a qualcun altro. L’informazione e’ modesta, rispecchia il clima politico generale del Paese”.
Quel che più l’ha colpita tornando dalla Francia dove ha vissuto per circa 15 anni, è la diffidenza generalizzata e lo scoraggiamento che colpisce un po’ tutti, anche i giornalisti che sentono venire meno il loro compito. “Hanno torto. Nessun governo ama la stampa. Chi ha il potere non ama la critica, ma il giornalista anche se intimidito deve sapere che il suo compito è utile alla società. Informare è un suo dovere e questo dovere può e deve difenderlo”. Da ex direttore di giornale si rivolge poi ai direttori sostenendo che dovrebbero essere i primi ad avere più coraggio cercando di avere un approccio originale nel fare i loro giornali. “Lei crede – mi chiede – in una democrazia che non sia soltanto partecipata, ma che se serve sia anche conflittuale? Bene, è questo che semplifica il lavoro di una stampa impegnata.” Bisogna avere la libertà di potere dire al politico o al capo di turno ‘sa quel che le dico, io questo non lo scrivo’. Ma questo – ricorda – comporta un prezzo da pagare nella carriere e nell’ottenimento di un posto di lavoro.
Tornando a parlare di social “la ragazza che a 15 anni ebbe a che fare con i fascisti”, si dice certa che “non è informazione. Che con i ‘mi piace’ e i ‘’non mi piace’ si semplifica la comunicazione. “A mio avviso – afferma decisa – dovrebbero riguardare esclusivamente i rapporti fra privati. L’informazione – ribadisce – deve restare un dovere del giornalista. La stampa e il clima politico generale del Paese devono cambiare; bisogna dare alla gente punti di riferimento che ora non offriamo”.
E parlando di doveri e di compiti o di mandato il sindacato dei giornalisti per la Rossanda riveste un’importanza particolare. Lo sollecita a occuparsi più dei giovani e aggiunge: “Il sindacato dovrebbe difendere fino in fondo la libertà di potere scrivere senza subire condizionamenti; dovrebbe difendere l’assoluta indipendenza del giornalista oltre che salari decenti”.
Prima di salutarci uno sguardo torna anche alla Francia, il Paese dove ha trascorso parte della sua recente vita: ”Quando ero ragazza leggevo Le Monde che era un giornale libero e interessante. Non posso dire che fosse di sinistra, ma sicuramente era libero. Oggi in Francia non esiste un giornale di sinistra né potrebbe esistere un giornale comunista con un partito che ha il 2 per cento dei consensi, nessuno lo pagherebbe. Esiste Liberation che è ‘piuttosto di sinistra’.
Poi in procinto di accendere la tv per ascoltare il tg della sera afferma: “Vediamo come ci informeranno stasera sulle elezioni americane”. E’ da supporre che le critiche non mancheranno.
Sempre stata lucida e secca. Al cuore del problema. Direttori e modo di informare sono le gravi inadempienze che ci hanno resi complici della crisi. Oltre a tutto il resto chiaramente.