Intelligenze artificiali: a che punto siamo. Cosa deve fare il sindacato

“Intervento pubblicato nel Press report dei cronisti lombardi e romani”

di Lazzaro Pappagallo, redattore TGR Lazio Rai e Giunta FNSI

L’intelligenza artificiale, il mantra degli ultimi due anni della bolla internettiana, ha un grande e indiscutibile merito.
Come tutte le rivoluzioni, reali o annunciate che siano, ridefinisce le coordinate della nostra professione, agendo all’interno delle dinamiche del giornalismo.
Se consideriamo il giornalismo testimonianza, raccolta di fonti chiuse, presenza anche fisica sui luoghi e nei tempi nei quali accadono gli avvenimenti non dovremmo eccessivamente preoccuparci, in attesa di nuovi balzi nell’evoluzione della specie e delle relazioni sociali.

Se consideriamo il giornalismo una enciclopedia del web, allora dobbiamo preoccuparci.
Io penso che il giornalismo si definisca nella prima accezione. Il resto, l’enciclopedia del web, è solo produzione di contenuti simil giornalistici e quindi perfettamente duplicabili e quindi certamente aggredibili dall’intelligenza artificiale per come la conosciamo, ovvero la probabilità statistica che a una parola ne segua quasi certamente un’altra che ne completi il senso, alimentata da una massa imponente di dati.

Di fronte a questo scenario innervare le redazioni con questo strumento dovrebbe essere inevitabile ma non ci dispensa dalla nostra identità sindacale. Si affronta già oggi l’arrivo delle intelligenze artificiali nelle redazioni (magari non ricorrendo a ChatGPT ma creandone di apposite all’interno delle singole redazioni usando il proprio archivio) usando la leva dell’articolo 42 del CNLG che offre la possibilità ai comitati di redazione di negoziare l’arrivo dei strumenti LLM (large language model) alla stregua di altre innovazioni editoriali di processo.

Si deve affrontare domani integrando il contratto nazionale di lavoro con una sezione adeguata,avendo ben chiare le caratteristiche della nostra professione e della propria identità e il ruolo di supporto dell’Intelligenza artificiale senza che questa sostituisca redattrici e redattori e determini ulteriore disoccupazione.


Lo sguardo critico deve inoltre condurci ad un po’ di sano scetticismo sulla grancassa che accompagna IA. Non tanto sullo strumento – e a questo proposito visto che ormai abbiamo sdoganato il termine intelligenza almeno decliniamolo al plurale (le intelligenze artificiali) – ma sul suo uso e abuso.
Alcuni svarioni recentissimi da Notte di Oscar (Mio capitano e Schettino) ma non solo (vedi i nazisti di colore con la versione video di Gemini di Google) sembrano quasi una impronta digitale di un uso scriteriato ma appunto quella pigrizia e inaccuratezza dimostrano che se non controlliamo i risultati dell’IA, non li verifichiamo, senza la giusta distanza critica rischiamo solo di scrivere una pletora di contenuti a volte utili, altri meno, altri addirittura falsi in grado di scambiare il vero con il verosimile. Quindi rischiamo di accompagnare il giornalismo nella moltiplicazione incontrollata di testi su richiesta di direttori ed editori a diventare ombra di se stesso, camera d’eco dei tempi in cui il quarto potere era un pilastro di una democrazia, senz’altro imperfetta ma certamente autentica.  

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