Il festival del mobile Journalism (www.mojoitalia.it) è una grande occasione. Una grande occasione di formazione, una grande occasione per sapere in quali direzioni sta andando la nostra professione, una grande occasione per tentare di raccontare meglio quanto succede.
L’uso degli smartphone, delle mirrorless, delle videocamere digitali sta cambiando alcuni aspetti del giornalismo. Ormai è sempre più frequente notare colleghi che con i loro cellulari raccontano eventi in diretta o registrano servizi per un notiziario. I costi di tutto ciò sono ridotti. Andiamo infatti da un minimo di 500 euro, a un massimo di 2.500 euro se assieme al cellulare comprendiamo un Ipad per montare, un sistema di montaggio e un microfono esterno. La tecnologia ha drasticamente ridotto i costi di produzione, e l’avvento del 5G in questo senso avrà un impatto ancora maggiore.
Ma non si tratta solo di tecnologia. Si tratta soprattutto di tecnica, perché non basta spingere il tasto rec e riprendere. E qui il festival del mobile Journalism ha un ruolo importante. La formazione che sarà offerta in questo fine settimana infatti non riguarda solo come riuscire ad elaborare una storia, ma anche quali strategie adottare affinché essa sia il più visibile. I social hanno permesso a tutti di diventare editori. Ma proprio per questi motivi abbiamo bisogno di nuovi strumenti, di nuove conoscenze per evitare di essere travolti e per comunicare con la massima efficacia il nostro lavoro.
Chi scrive ha anche trovato nuovi stimoli professionisti col mobile Journalism. Il lavoro di desktop, la necessita di dover sempre inseguire la cronaca quotidiana a volte rischiano di far morire la fantasia. La voglia di scavare nei fatti va alimentata con la riflessione. Il mojo invece può aiutare ad approfondire, a mettere a punto nuove modalità di racconto che vanno oltre l’immediato.
C’è giustamente chi pone questioni sindacali. Con l’avvento delle mini dv, delle mirrorless, dei cellulari che riprendono rischiano di scomparire del tutto alcuni figure come quelle del montatore e del fonico. Il giornalista è chiamato sempre più spesso a riprendere, montare il suo prodotto, controllare l’audio. I prossimi rinnovi dei contratti di lavoro sono chiamati ad occuparsi anche di questo, perché non possiamo pensare che la salvezza della nostra professione possa passare solo attraverso l’abbassamento del costo del lavoro.
Chi scrive ha sperimentato quanto lavorare con chi, da anni, si occupa di montaggio e riprese con telecamere e sistemi complessi possa dare suggerimenti utilissimi. La qualità passa attraverso la valorizzazione delle figure professionali e soprattutto attraverso una formazione continua, come quella che il festival del mobile Journalism offre a tutti.
di Alessandro Guarasci