di SOS INPGI
Controcorrente è l’erede delle maggioranze sindacali che da decenni controllano la Fnsi e l’Inpgi, si spartiscono poltrone e d’intesa con editori e governi hanno accompagnato costosi prepensionamenti e tenuto fuori dal contratto migliaia di giornalisti finti autonomi, contribuendo al sostanziale default dell’istituto previdenziale, che naturalmente ha radici più profonde nella crisi dell’editoria di cui i gruppi dirigenti non hanno compreso in tempo natura e conseguenze.
Nella lista Sos Inpgi non ci sono “fasci”, né “grillini”, né “disfattisti”, ne’ “scudieri di Crimi” ma solo giornalisti – anche della maggioranza di Stampa romana – che dicono le cose come stanno e cioè che l’Inpgi privatizzato è sull’orlo del fallimento e possiamo salvarlo solo negoziando con governo e parlamento una garanzia pubblica per le pensioni di oggi e di domani, cominciando con il finanziamento pubblico degli ammortizzatori sociali.
Non proponiamo affatto di confluire nell’Inps ma di tornare all’Inpgi pubblico pre-1994. Non ha dunque alcun senso confrontare le attuali prestazioni Inps e Inpgi per dire che le seconde sono migliori: presto l’istituto non potrà più pagarle, occorre cambiarlo per farlo vivere.
Nel frattempo bisogna ampliare la base contributiva usando le ispezioni per individuare i dipendenti di fatto, aprire a nuove figure professionali nell’ambito della riforma dell’Ordine, tagliare super stipendi, gettoni e organismi pletorici, ma i conti dicono che tutto questo non basta a fronte del peso delle pensioni da pagare. Chi vuole solo mantenere posizioni di potere lautamente retribuite a danno dell’Istituto e delle pensioni dei colleghi non può dirlo, né intende riconoscere le sue responsabilità e rimediare ai disastri della sua stessa gestione.
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