Ancora una volta la Poligrafici Editoriale, che edita La Nazione, Il Resto del Carlino e il Giorno di proprietà del capo degli editori, Andrea Riffeser Monti, si pone alla testa delle aziende datoriali per ottenere dal governo la riapertura dei prepensionamenti attraverso il rifinanziamento dell’apposito fondo. Lo fa nei modi che hanno contraddistinto, negli anni, il tipo di governo aziendale della famiglia Riffeser Monti, ovvero quello di scaricare sulle casse pubbliche e su quelle dei giornalisti del gruppo i costi di gestione e del personale, con l’unica finalità di portare a casa dividendi intonsi e garantire il tenore di vita di sempre della famiglia e degli azionisti. Anche e soprattutto in un momento di crisi epocale del settore.
La vertenza, drammatica, che si è aperta a Bologna martedì scorso tra cdr e azienda, al tavolo per il rinnovo del patto di solidarietà, in scadenza a dicembre, ha visto questa volta i vertici della Poligrafici, rappresentati dal capo del personale e dai direttori delle testate del gruppo, muoversi in maniera particolarmente aggressiva nei confronti del corpo redazionale, già stremato da un passaggio grafico imposto in fretta ai giornalisti per la volontà capricciosa del figlio dell’editore di rinnovare la veste delle testate secondo tempi da lui prestabiliti sebbene ancora nulla fosse pronto (dai book alla formazione interna dei colleghi) per un cambio senza scosse.
Va sottolineato che la scelta grafica è stata anche strategica da parte dell’editore; da un lato, infatti, ha azzerato quasi totalmente i lavoratori poligrafici (sottoposti ad una solidarietà al 50%), dall’altro ha impoverito i notiziari, sia nazionali che regionali, trasformando pagine che prima contenevano due/tre pezzi, in pagine che ne possono contenere al massimo uno più una notizia breve. Una grafica, insomma, che punta a formalizzare esuberi in prospettiva, non solo tra gli articoli 1, ma anche tra i collaboratori e corrispondenti. Un notiziario più povero, dunque, ma i cui contenuti possono anche essere agevolmente utilizzati per riempire il sito web del Quotidiano.net, anche qui riducendo all’osso il corpo redazionale.
A marce forzate, insomma, Riffeser sta puntando con grande determinazione a raggiungere l’obiettivo che la famiglia proprietaria di Poligrafici e Monrif si è sempre prefissata; fare gli editori di giornali facendo a meno dei giornalisti. Una “speranza” che accomuna, d’altra parte, molte aziende editoriali, ma di cui la Poligrafici è sempre stata la punta di diamante.
Al tavolo della trattativa, il capo del personale è stato chiaro; l’azienda è in difficoltà (lo è da trent’anni a questa parte, a giudicare dalle dichiarazioni di molteplici stati di crisi, ma ancora sta in piedi e all’esterno si propagandano dati di robusta salute economica) e se non interverranno gli ammortizzatori del governo, ovvero i previsti prepensionamenti (si parla di circa 28 posti in tre anni, ma la partita politica ancora non è affatto chiusa) la Poligrafici sarà costretta ad applicare un regime di solidarietà al 42% che prevede esuberi per oltre 112 unità. Il tutto condito con accorpamenti e chiusure di redazioni, fino alla fine del 2022. Poi nel 2023 scatterebbero presumibilmente altre misure, forse anche licenziamenti collettivi. Chissà.
Nessuna previsione d’investimento, solo sacrifici. Per i giornalisti, non per il management. I cui stipendi stellari sono stati ritoccati, ovviamente al rialzo, ben due volte negli ultimi anni; il capo della Fieg, insomma, paga bene quelli che gli ‘servono’, ma disprezza i giornalisti che lavorano per lui. Al punto da tentare il licenziamento di un ex rappresentante sindacale, fiduciario degli articoli 2/12 e 36 del Carlino, che ha osato chiedere, dopo anni di abusivato redazionale, la trasformazione del suo contratto in un meritato articolo 1.
E’ su questo spartito che si innesta la denuncia, abnorme, che il capo della Fieg ha minacciato contro i cdr del suo gruppo dopo la dichiarazione di due giorni di sciopero seguita alle comunicazioni del capo del personale. Si parla di “manipolazione del mercato” e “diffamazione”, reati penali che nessun giudice al mondo potrà mai considerare realisticamente commessi da rappresentanti sindacali di corpi redazionali vessati da anni di umiliazioni ed angherie economiche. Ma Riffeser ci prova lo stesso, incurante delle garanzie costituzionali sul diritto di sciopero e senza il minimo rispetto per quello che è invece il vero ‘core business’ della sua azienda, i giornalisti appunto.
Quella che si è innescata martedi 22 ottobre a Bologna è dunque una battaglia che va oltre il mero perimetro dell’azienda del capo degli editori, ma coinvolge l’intera categoria e il governo, di fatto ricattato da chi mette sul tavolo licenziamenti e molto altro solo per ottenere nuovi prepensionamenti che potrebbero rivelarsi letali per l’Inpgi. Ma anche di questo, delle nostre pensioni, a Riffeser non importa davvero nulla.
di Elena G. Polidori