Freelance: dopo lo tsunami Covid-19 più di 60mila operatori a rischio povertà

 

di Vincenzo Campo, commissione lavoro autonomo Stampa Romana

 

Serve una visione comune tra giornalisti e comunicatori per limitare la crisi.

Quale futuro per i freelance in Italia? Rendere la pandemia una vera opportunità per costruire basi diverse per il futuro del welfare ed evitare che la crisi occupazionale possa sfociare nel settore editoriale in una crisi sociale è un’esigenza conclamata da molti dirigenti sindacali, al di là delle azioni parziali e di breve respiro poste in essere dal Governo Conte e recepite, in questa fase, da migliaia di comunicatori e giornalisti.

Il ritorno alla normalità nei luoghi di lavoro, post emergenza sanitaria, è tutt’altro che scontata per molti freelance che rischiano in autunno di vedersi chiuse molte porte in faccia. Mettere subito le nuove generazioni di lavoratori autonomi nelle condizioni di partecipare in modo pieno alla ricostruzione di nuove opportunità lavorative e tracciare il futuro della professione giornalistica dovrebbe essere oggi una priorità per un sindacato moderno unitario e con una forte strategia condivisa. Per molti professionisti del settore, secondo un recente sondaggio intitolato “Uniti contiamo, contiamoci insieme”, realizzato da Acta e dalla testata giornalistica Slow News,  si configura un quadro assai desolante. Sono sempre più i liberi professionisti atipici, sottopagati e senza garanzie su cui si è abbattuta anche la scure del Coronavirus.

Ora il lavoro è ancora più precario e instabile per la maggior parte dei giornalisti e comunicatori, partite iva e freelance che collaborano in modo autonomo con molte testate giornalistiche e con molte imprese di comunicazione, e che vedono i loro portafoglio clienti e i loro budget sempre più risicati, ben consapevoli che il ritorno alla normalità precedente sarà sempre più complicato.

La condizione lavorativa è infatti già peggiorata  per molti di questi lavoratori, rispetto al già instabile periodo precedente al lockdown  e ben 60mila  “rassegnati” in tutt’Italia rischiano di ripartire da zero, viste le incertezze occupazionali e il reddito basso e discontinuo. Molti di questi lavoratori non hanno ferie pagate e la disponibilità a pagare una mutua od una cassa di assistenza sanitaria e spesso non hanno nemmeno orari lavorativi.

La precarietà è diventata un modus vivendi per molti professionisti freelance che spesso non hanno nemmeno la possibilità di pianificare le proprie vite a medio termine. Secondo lo studio, nel 2017-2018, su oltre 40mila iscritti alla cassa previdenziale Inpgi per i giornalisti, poco più di 15mila sono coloro che sono stati inquadrati con un contratto a tempo indeterminato nelle redazioni di giornali, radio e televisioni. Oggi, la situazione è ancora peggiore se si guarda ai comunicatori: qui si parla di oltre 10mila responsabili uffici stampa e comunicatori presenti in Italia. Fra loro brand, social media manager, content manager, esperti di marketing, consulenti editoriali e addetti stampa con competenze digitali avanzate e trasversali. Soft skills che spesso comprendono anche video maker e autori delle principali trasmissioni televisive italiane.

Fra i giornalisti, oltre il 40% ha una partita Iva, mentre il 35% viene pagato con collaborazioni occasionali e diritto d’autore e quasi nessuno viene pagato se il prodotto editoriale non viene pubblicato. Le retribuzioni secondo il sondaggio Acta-Slow News – sono il tasto più dolente: il 68% porta a casa meno di 10mila euro lordi all’anno, mentre per un drammatico 42% le entrate annuali ammontano a meno di 5mila euro. Mentre il 32% dei comunicatori guadagna meno di 10mila euro lordi l’anno, ed il 25% riesce ad assestarsi fra 10 e 20mila euro. Inutile pensare anche un roseo futuro pensionistico per la maggior parte di queste tipologie di lavoratori: molti non sono nemmeno iscritti ad una cassa previdenziale di settore e non possono permettersi alcuna mutua.

Dobbiamo evitare che la crisi occupazionale sfoci in una crisi sociale, prendendoci cura prima di chi rischia di perdere il proprio posto di lavoro, proponendo politiche attive e della formazione e delineando subito un nuovo futuro per il welfare. Lavoratori autonomi e  giovani freelance precari sono considerate le fasce più deboli del mondo dell’industria editoriale e della comunicazione ed è auspicabile aprire quanto prima un tavolo di confronto con le principali realtà professionali, così come con tutti coloro che si riconoscono in gruppi e sottogruppi di lavoro in varie Associazioni di categoria.

E’ un’esigenza che FNSI – Stampa Romana non può più rimandare. Dobbiamo fare insieme, ciascuno di noi nei limiti del proprio mandato la propria parte, portando avanti una scommessa comune insieme all’Ordine dei Giornalisti, spinti dalla volontà di coinvolgere tutti gli organismi interessati, per mettere i freelance e gli autonomi in condizioni migliori per disegnare il loro futuro professionale.

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Report-Insieme-Contiamo_Contiamoci-Insieme-2

 

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