RIFORMA & DIGNITÀ – LISTA CIVICA. Il programma per guidare l’Ordine dei giornalisti

UN GIRO DI BOA

Al servizio della libertà di pensiero, di espressione e del diritto dei cittadini di essere informati in modo completo e corretto, l’Ordine dei giornalisti dovrà assicurare e sviluppare le condizioni perché si realizzi appieno questo intento costituzionale (articolo 21).

Riforma subito, allora. Altrimenti l’Ordine non serve. Era l’obiettivo nella scorsa consigliatura. Lo riproponiamo oggi, per “finire il lavoro”. Per arricchire, aggiornandolo, il testo di riforma. Per dare maggiore efficacia e incisività all’azione dell’ente pubblico dei giornalisti, di fronte ai cambiamenti possenti che, in quest’ultimo decennio, hanno segnato nel profondo il mercato del lavoro editoriale e in vista dell’ingresso dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, con opportunità e rischi al seguito.

Basta ritardi o altre pause di riflessione, allora. Sia riformato compiutamente l’organo di autogoverno il cui ordinamento risale a una sessantina di anni fa, quando di computer si favoleggiava solo nei romanzi di fantascienza.

Saranno punti di forza del nuovo impegno:

  • il riconoscimento delle nuove figure professionali che accompagnano lo sviluppo delle tecnologie digitali, con la revisione dei criteri di accesso (e dell’esame di Stato) e il conseguente allargamento della platea degli iscritti (anche in ragione della sopravvivenza dell’Inpgi);
  • la rimodulazione degli obblighi deontologici, a partire dalla formazione (con la revisione dell’obbligatorietà che così com’è concepita rischia di essere terreno di insidie affaristiche, centro di potere per pochi a scapito dell’impegno quotidiano cui ognuno, in scienza e coscienza e liberato da ogni obbligo, si sottopone per il proprio lavoro);
  • l’adozione di misure di sostegno verso i freelance, a cominciare dai colleghi con rapporti di lavoro più precari: un quadro certo di riferimento sul trattamento economico dovuto, attraverso il cosiddetto indicatore di equità dei compensi minimi da corrispondere; il patrocinio legale gratuito e una card per per l’assicurazione collettiva contro le querele intimidatorie;
  • l’ascolto e l’aiuto verso i giornalisti impoveriti dalla crisi e dai cambiamenti attraverso uno sportello amico;
  • lo sviluppo delle iniziative a sostegno dell’applicazione delle Carte deontologiche, riunite dal 2016 in un testo unico, in particolare di quelle a tutela delle persone più fragili, dai minori (Carta di Treviso) ai migranti (Carta di Roma), dai malati (Carta di Perugia) ai precari (Carta di Firenze), con la creazione di un Osservatorio da realizzare in concorso con il sindacato; l’adeguamento delle funzioni del Consiglio di disciplina.

Dovranno, così, essere revisionati i criteri per l’accesso che oggi penalizzino soprattutto i giovani verso i quali l’Ordine, ai danni economici causati dagli editori (con retribuzioni risibili), aggiunge la beffa della fissazione di soglie economiche minime d’ingresso irraggiungibili se non con espedienti al limite della legalità quando non illecite (false certificazioni, etc.).

E si dovrà mettere mano alla regolazione delle attività di formazione e di aggiornamento professionale nell’era digitale, che, così come realizzate finora, rischiano di essere un obbligo vessatorio, a volte fonte di business e mercimonio, comunque, avulse dagli interessi e dalle necessità reali della professione.

È un compito non facile. Perché dovrà misurarsi con le trasformazioni (im)poste dalla digitalizzazione che hanno registrato, nella fase della pandemia da coronavirus, un’accelerazione potente: i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e nella stessa professione non vanno subiti ma compresi e governati per non rischiare di essere ridotti a terminali passivi di una riorganizzazione del sistema dei media imposta dagli editori e dai detentori delle banche dati.

Fa da contraltare all’arricchimento delle tecnologie, l’impoverimento e la marginalizzazione di molti colleghi. Anche per ciò vanno previsti abbattimenti delle quote di iscrizione per chi non ce la fa a pagare e sportelli di ascolto e di aiuto per quanti sono in difficoltà.

Contemporaneamente, di concerto con le associazioni dei giornalisti, organizzate e no, va realizzata una card che fornisca ai freelance e, in genere, ai colleghi senza contratto, sia una copertura assicurativa sia l’assistenza legale gratuita di fronte a contenziosi giudiziari o a querele, soprattutto intimidatorie.

Anche per questa strada si tutelano l’autonomia del giornalista, la sua funzione pubblica di comunicatore al servizio della libertà di informazione, coniugandole al diritto dei cittadini ad essere informati correttamente attraverso le diverse piattaforme di notizie.

Non mancherà il nostro impegno per sollecitare Parlamento e forze politiche affinché siano rapidamente approvati i provvedimenti a garanzia della libera informazione. Sosterremo, inoltre, le iniziative delle organizzazioni che da tempo si battono su questo terreno per rimuovere gli ostacoli frapposti al diritto all’informazione.

L’Ordine, in collegamento con l’Inpgi, con il sindacato, con la Casagit, in piena autonomia, dovrà fare la sua parte attraverso i suoi specifici strumenti e le sue funzioni, con l’occhio rivolto al lavoro nero, al precariato, alle fake news, all’alterazione dei fatti per visioni ideologiche spesso nemiche della verità e della dignità delle persone.

Alla luce di queste considerazioni va rivisto il funzionamento dei Consigli di disciplina ai quali sono demandate le funzioni di accertamento delle irregolarità e quelle sanzionatorie. In ogni sede politica e istituzionale l’Ordine dovrà contrastare i tentativi di condizionare la libertà di informazione con “leggi bavaglio” e iniziative comunque liberticide. La stessa qualità di impegno va riservata alla riforma dell’equo compenso con una nuova definizione delle retribuzioni minime, ai controlli sull’esercizio abusivo della professione e sullo sfruttamento dei colleghi.

Su questa traiettoria l’Ordine dovrà cimentarsi con una verifica delle competenze, con la revisione profonda dell’esame di abilitazione alla professione, differenziandone le prove scritte a seconda dei profili professionali dei candidati, e con il superamento della distinzione tra professionisti e pubblicisti nell’ambito della riforma dell’accesso. 
Giornalisti, non professionisti e pubblicisti, figure che, una volta accertata la loro attività di intermediazione tra i fatti e la loro trasformazione in notizia nelle diverse piattaforme, potranno ritrovarsi in un unico albo, adeguatamente revisionato, che riconosca e accolga anche nuovi profili professionali a partire dai cosiddetti comunicatori.

È anche su questo terreno che va superata la logica di chi auspica l’abolizione tout court dell’Ordine dei giornalisti, senza proporre un’alternativa valida in difesa di una categoria a rischio di

estinzione, con l’obiettivo non troppo nascosto di limitare, con la libertà di informare, la funzione di intermediazione svolta dai giornalisti.

Questi gli obiettivi. Fa la differenza sostanziale il modo con cui si intende perseguirli: nella trasparenza, nella collegialità, vicino alle redazioni, alle colleghe e ai colleghi, attenti all’ascolto e aperti al confronto, nella consapevolezza che l’Ordine è la casa di tutti.
Quindi il luogo della tutela della dignità di tutti e di ognuno, della solidarietà, dell’orgoglio della professione e, soprattutto, della responsabilità verso i cittadini, donne e uomini, ai quali siamo legati dal vincolo costituzionale di fornire la verità sostanziale dei fatti.

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