Ordine dei giornalisti: si insiste con una riforma senza la modifica legislativa. Penalizzati i pubblicisti.

Per il giornalismo

I nuovi criteri interpretativi e le linee guida approvati dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti con il voto contrario della minoranza, oltre a creare ulteriore confusione nell’interpretazione autentica dell’art. 34 della legge 69/1963, finiscono per penalizzare chi è già iscritto all’Ordine e in particolare i pubblicisti. Le interpretazioni del Cnog, infatti, sembrano non tenere conto della nota del Ministero vigilante del 2 maggio scorso con la quale è stata chiesta una precisa rettifica di quanto pubblicato sul sito istituzionale in merito alla possibilità di essere iscritti al Registro dei praticanti anche senza una testata o un direttore responsabile.

A ciò si aggiunge un’altra iniziativa ministeriale senza precedenti e cioè una nota inviata direttamente a tutti gli Ordini regionali con l’invito “a fare riferimento in ogni caso, per l’accesso al praticantato, alle previsioni contenute nelle norme primarie”. I consigli regionali, per non rischiare contenziosi o commissariamenti, hanno già messo i nuovi criteri interpretativi in standby in attesa di avere dei pareri legali.


Sembra del tutto evidente che nessun diverso comportamento è consentito ai Consigli regionali e che non risultano nuove chance per gli aspiranti colleghi. Il gruppo “Per il giornalismo” porrà in essere una capillare azione di controllo prodromica di eventuali nuove segnalazioni per contrastare quel che stupisce sul piano complessivo ovvero che il Presidente Bartoli e la maggioranza che lo sostiene abbiano inteso aprire l’accesso al praticantato a soggetti che al momento tolgono lavoro a chi è già iscritto all’ Ordine bloccando nello stesso tempo il ricongiungimento che consentiva equamente ai pubblicisti ovvero ad iscritti all’albo di poter, previo esame di stato, passare da un elenco all’altro.

Il nostro gruppo chiederà formalmente il ripristino del ricongiungimento per eliminare un’inaccettabile, incoerente e incomprensibile penalizzazione di una componente storicamente importante per il giornalismo italiano che è quella dei pubblicisti.

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