Videomaker e lavoro, una sfida che il sindacato non può mancare

Basta guardare le conferenze stampa o le interviste volanti ai politici: ci sono sempre più videomaker e sempre meno operatori televisivi che lavorano assieme ai giornalisti. Un panorama che è mutato, crescendo, nell’arco di pochi anni. Ma le garanzie ci sono?

I contratti di lavoro, Fnsi-FIEG, Fnsi-AerAnti/Corallo, non hanno ancora recepito in pieno l’aspetto della multimedialità. Oramai non c’è sito che non abbia anche video al suo interno, e sull’onda di questo sono nate diverse agenzie, mentre i free lance si sono moltiplicati. Dunque, la nuova figura professionale è un giornalista, o videomaker, tutto fare, che gira, fa le domande, monta su un Pc portatile e pubblica.

Il panorama informativo nell’ultimo decennio si è fortemente depauperato, basta guardare alla scomparsa di tante tv locali in molte aree del paese. Gli editori a quel punto si sono riposizionati. Complice anche la tecnologia (ormai con 2.000-3.000 euro si può avere un buon sistema di ripesa e montaggio), le nuove normative sul lavoro che hanno in sostanza liberalizzato il settore, il numero di chi è attivo nel videomaking è aumentato in maniera esponenziale.

Per alcuni aspetti il contratto di lavoro più consono per questi colleghi potrebbe essere quello siglato nel 2000 da Fnsi e AerAnti/Corallo per le realtà più locali, e il Fnsi-FIEG per le strutture di maggiori dimensioni e che si occupano di seguire eventi di portata nazionale. Eppure, parlando con molti di questi colleghi si capisce che lo strumento più usato è invece quello della partita IVA o al massimo della collaborazione coordinata e continuativa.

Alcune realtà in questo modo abbassano in modo netto i costi, stanno sul mercato fornendo a soggetti grandi e piccoli, istituzionali e privati contenuti di vario tipo, non sempre di primissima qualità, ma comunque utili per coprire i fatti d’attualità. La concorrenza, purtroppo, si gioca soprattutto sul fronte del costo del lavoro.

Il problema appunto è quali sono le garanzie contrattuali e previdenziali per coloro che lavorano a questi prodotti editoriali. A molti enti pubblici basta il Durc per fornire servizi in appalto a questa o quella agenzia, ma tale strumento riesce a riprodurre solo una piccola parte della condizione lavorativa del giornalista, se poi questo viene pagato regolarmente e secondo parametri “degni” non lo sapremo mai.

Ecco perché il sindacato non può mancare questa sfida. Benissimo la formazione avviata da Stampa Romana, ma questo non può bastare. Serve un monitoraggio più preciso di queste nuove figure professionali, in piena collaborazione con l’Inpgi. Il settore è senza dubbio in espansione e quella del videomaker, assieme a quello del videoreporter. Sono figure queste che probabilmente continueranno a richiedere professionalità, vista la forte impronta grafica di tanti siti web e l’importanza sempre maggiore che i social, soprattutto Facebook e Instagram, rivestono nell’informare i cittadini.

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