L’Istituto «ha attività di pubblico interesse» e dovrà consegnare i documenti sull’operazione Fondo immobiliare. Non è ora che torni Ente pubblico?
di Daniela Stigliano – Consigliera generale Inpgi e Giunta Fnsi di Unità Sindacale (Movimento con propri rappresentanti in Fnsi, Inpgi, Casagit, Fondo di previdenza complementare e Ordine dei Giornalisti)
Tutti gli iscritti, cioè tutti i giornalisti italiani, hanno diritto alla trasparenza sui documenti dell’Inpgi. In particolare, quelli sulla gestione del patrimonio e sull’operazione del Fondo immobiliare. Ma, per estensione, su ogni atto dell’Istituto di previdenza. È una sentenza importantissima quella con cui il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di alcuni colleghi, difesi dall’avvocato Vincenzo Perticaro, ai quali da anni veniva negato dall’Inpgi il diritto di accesso agli atti relativi al conferimento degli immobili Inpgi al Fondo immobiliare Giovanni Amendola gestito da Investire sgr.
L’operazione, vale la pena ricordarlo, ha permesso la rivalutazione dei beni dell’Istituto, con utili milionari solo sulla carta ma che hanno fatto chiudere formalmente in attivo bilanci altrimenti in rosso, ritardando l’esplosione della crisi e imponendo una riforma che, avviata in anticipo, sarebbe stata meno pesante e penalizzante per i giornalisti.
A dare notizia e a pubblicare la sentenza è lo stesso avvocato Perticaro sulla pagina Facebook del suo studio (leggi qui).
«L’Inpgi è affidatario di gestione di attività di pubblico interesse», sentenzia il Tar. E per questo, in base a un orientamento consolidato del Consiglio di Stato, devono essere disponibili a chiunque «possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica», tutti i documenti «con i quali si estrinseca il potere autoritativo, sia quelli che, di contro, abbiano natura privatistica, ma solo qualora ineriscano all’attività di pubblico interesse perseguita dal soggetto passivo».
Tradotto significa che l’Inpgi è tenuto a mettere a disposizione dei suoi iscritti qualsiasi atto che abbia influenza nei loro confronti, ovvero tutti visto che qualsiasi azione e decisione ha una conseguenza sui nostri soldi e le nostre pensioni, attuali e future. Mentre finora i vertici politici e amministrativi dell’Istituto hanno tenuta riservata la stragrande maggioranza dei documenti persino a un organo elettivo come il Consiglio generale.
Nella vicenda in cui è intervenuto il Tar, la richiesta era in particolare legata alla istituzione e gestione del Fondo immobiliare Giovanni Amendola. E i documenti che dovranno essere consegnati ai colleghi che si sono rivolti al Tribunale amministrativo del Lazio spaziano dai decreti ministeriali di autorizzativi del conferimento del patrimonio immobiliare dell’Inpgi al Fondo e dei piani triennali di investimento fino a tutte le lettere intercorse tra l’Istituto e i ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia), ai diversi atti stipulati tra Inpgi e Fondo(contratto, conferimento e/o apporto del patrimonio). E poi lo Statuto del Fondo, il regolamento successivo alla fusione dei due comparti originari, lo Statuto dell’Inpgi con le modifiche apportate alla versione del 1959 alle clausole di cessione del riscatto delle abitazioni per gli inquilini-giornalisti e, cosa ancora più importante, la «stima complessiva dell’esperto indipendente di rivalutazione del patrimonio immobiliare Inpgi “dal valore storico di 690 milioni a valore di mercato di 1.2 miliardi”».
Proprio sulla questione della perizia, che l’Inpgi si è sempre rifiutato di consegnare, il Tar si sofferma per sottolineare come «la gestione dei fondi e del patrimonio dell’ente previdenziale costituisce senz’altro un’attività di pubblico interesse (cfr. sentenza citata del Consiglio di Stato 696/2016, par. 6.6.), così come la perizia dell’esperto non può tradursi in un rapporto meramente privatistico, ma ha una indubbia connotazione pubblicistica, perché la redazione della perizia influisce sull’operazione di acquisto del bene. Ne discende che il contenuto e le modalità stesse di redazione della perizia rilevano per l’interesse pubblico alla trasparenza e alla correttezza dell’intera operazione».
Trasparenza e correttezza, appunto. La prima finora sconosciuta, la seconda impossibile da verificare per il rifiuto di consegnare i documenti. Ma perché negare trasparenza se si è certi della correttezza di decisioni e procedure?
La sentenza del Tar va dunque oltre la specifica questione sollevata, pur centrale rispetto agli ultimi anni di gestione e alla crisi in cui è precipitato l’Istituto. E dice molto sulla natura dell’Inpgi: ente di fatto pubblico che tale dovrebbe tornare a essere anche di diritto. In modo da tutelare meglio le pensioni attuali e future dei giornalisti, gli unici lavoratori dipendenti in Italia a non avere la garanzia dello Stato di ricevere le prestazioni previdenziali.
Il paradosso era già chiaro ai tempi della privatizzazione, nel 1994. Ma oggi la crisi dell’Inpgi e il profondo rosso dei suoi conti impongono di non perdere altro tempo e di chiedere a Governo e Parlamento di rendere l’Istituto nuovamente pubblico.