“Da via Nizza con…”

di Cristiano Fantauzzi – consigliere generale Inpgi 
Roma. In via Nizza l’ultima riunione del Consiglio generale prima del rinnovo ha portato notizie, tanto per ‘non’ cambiare, grame. Bilancio in rosso, per il nono anno consecutivo, (-169,14 milioni, secondo l’assestamento 2019). E per l’anno prossimo non si annuncia inversione di tendenza. A meno che non si voglia considerare (ma sarebbe un po’ puerile) come salvifica la prospettiva dell’allargamento della platea contributiva a quei comunicatori la cui volontà in tal senso appare tutt’ora problematica.
Certo, sarebbe un passo significativo, ma i risultati non sarebbero immediati. Informazione@Futuro, fra i cardini della propria proposta per salvare l’Istituto, aveva proprio il tema dell’ampliamento della platea contributiva. Personalmente, pur sulla scorta della piattaforma sulla cui base sono stato candidato, ho sempre cercato di giudicare l’operato del ‘governo’ dell’Istituto in ragione della situazione concreta, degli impegni assunti e delle scelte fatte. Senza, cioè, pregiudizi ideologici o ciechi vincoli di mandato, in questo sostenuto sempre dalla fiducia di Lazzaro Pappagallo, tanto che aver votato contro, a favore o con l’astensione (come in quest’ultimo caso) sui bilanci non è mai stato oggetto di un dibattito. Quel che è sempre contato sono state la direzione di marcia e le scelte concrete.
Ora, mio giudizio, la presidenza dell’Inpgi, che molto ha scommesso proprio sull’ampliamento della platea, ha tuttavia dovuto operare in un contesto difficilissimo, espresso nella forbice tra crescenti prestazioni da erogare e contributi sempre calanti, in un sistema dell’editoria che non riesce a individuare ancora il suo ubi consistam nell’era digitale. E tende a scaricare le conseguenti difficoltà sui giornalisti: le assunzioni non mancano, l’ho visto da vicino, ma restano drammaticamente eccezionali a fronte di situazioni di precarietà e di erosione di istituti contrattuali.
La presidente Macelloni, in particolare nell’ultimo anno e mezzo, oltretutto, ha scontato una latitanza di interlocuzione istituzionale, prima, e un’ostilita’ tendenzialmente irriducibile, poi, una volta insediatisi gli interlocutori attesi.
In aggiunta, ricordo più spesso le sedie vuote dei rappresentanti dei ministeri vigilanti, che non parole responsabili e consapevoli del ruolo dell’Istituto a tutela dell’autonomia della funzione giornalistica, quali pure da loro ci si sarebbe potuti attendere. Ma forse appartengo ad un’altra era.
Intendiamoci, anche le contrapposioni sorde, i personalismi, gli avvitamenti nelle tecnicalita’, un tenore del dibattito poco in sintonia con la necessità della categoria di fare fronte comune al cospetto di avversari dichiarati e non, hanno reso spesso poco incisive le riunioni del Consiglio, peraltro vissuto dal Cda, apparentemente, come consesso di soldatini semplici o di assedianti molesti. Il tema di una riforma ‘istituzionale’ si pone anche qui? Può un Consiglio, risultare essenzialmente un vidimatore di procedimenti? Forse è un’esagerazione, forse no. Certo non è stato bello sentir parlare, da parte di un esponente di maggioranza, di “opposizione dannosa”.
L’opposizione controlla, segnala, denuncia, chiede notizie e informazioni allo scopo di trasmettere elementi di conoscenza, esige ascolto per poter orientare le scelte. Per esempio, la scorsa estate, diversi consiglieri, Inpgi e/o Fnsi, presentarono alla Presidente Macelloni e al Segretario Lorusso due lettere finalizzate ad ottenere risposte su quale strategia si intendesse adottare dopo il sostanziale ultimatum per via legislativa che il governo di allora imponeva all’Istituto: rientro “impossibile” dei conti o commissariamento, con in mezzo il sentiero stretto dell’ampliamento della platea. Le due lettere furono sottoscritte da oltre cento colleghi con ruoli elettivi, o comunque di rappresentanza negli istituti della categoria.
Una mobilitazione non scontata, né facile, eppure presa incomprensibilmente sottogamba, se non vissuta come un’insidia o un attacco, dalla maggioranza che tiene le redini dell’Inpgi e della Fnsi. Sarebbe stato giusto aprirsi alle richieste presentate dai colleghi. Può essere che la prudenza rispetto allo stato dei negoziati in corso con il governo richiedesse riserbo, onde evitare di apparire divisi? Chissà, qualcuno può averlo pensato, ma il segnale che è passato, per una volta di troppo, è stato all’insegna della chiusura. Per quanto attiene a quanto fatto personalmente in questo ruolo di “absolute beginner”, ho cercato di far presente l’importanza della funzione delle associazioni regionali di stampa (immancabilmente sotto attacco nel Consiglio), di far da tramite per i colleghi, di segnalare situazioni di difficoltà, di riportare una discussione spesso surreale nella sua astrattezza alla dimensione delle difficoltà materiali dei colleghi sul campo.
Spero che i protagonisti della prossima consiliatura possano trarre qualche beneficio da questa testimonianza, con cui torno a ringraziare chi quattro anni fa mi ha dato fiducia. Spero non troppo mal riposta.

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