Facebook “concede” i dati per prevenire il contagio. Sono un diritto pubblico o una concessione privata ?

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di Michele Mezza

Mentre si continua a giocare a mosca cieca con il virus in Italia, in Germania e Francia, sotto l’incalzare della nuova ondata di contagio, si aprono i caveau dei grandi monopoli privati dei dati.

A Monaco di Baviera, presso l’università LMU, si stanno elaborando le informazioni sulla mobilità di 10 milioni di cittadini che Facebook ha anonimizzato – LEGGI ARTICOLO. In Francia l’École Polytechnique in Francia e della facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Atene hanno utilizzato le mappe di Facebook per la prevenzione delle malattie per sviluppare un modello in grado di dimostrare l’impatto dei movimenti della popolazione sulla diffusione del COVID-19.

Da tempo gli scienziati chiedono che si possa accedere a questo patrimonio inestimabile che i centri multinazionali raccolgono e conservano. Come abbiamo scritto insieme ad Andrea Crisanti nel libro Caccia al Virus ( Donzelli) , gia nella primavera scorso Google e Apple avevano pubblicato un report sulla mobilità che documentava le modalità di spostamento in circa 100 paesi, città per città, quartiere per quartiere, con il dettaglio individuale su quale mezzo era usato per muoversi e in quale direzione si andava. Dati che i due providers dichiarano candidamente che venivano anonimizzati successivamente alla raccolta. Dunque Google e Apple sanno granularmente l’identità di ognuno di quegli individui , sanno dove vanno, con chi si incontrano e quando. Proprio quello che sarebbe preziosissimo poter documentare territorialmente in questa nuova fase dell’epidemia che colpisce proprio il movimento e coloro che si muovono e si incontrano di più.

Ora il punto è capire se sia davvero possibile sviluppare calcoli e grafi previsionali sugli incubatori di contagio con questi dati.
I monopolisti della Silicon valley sostengono sfacciatamente di si e fanno bella mostra del possesso di queste informazioni. I centri di analisi sembrano confermare questa tesi, come appunto dichiarano a Monaco e a Parigi, ma anche ad Harvard, dove era stato elaborato sui flussi di Google un algoritmi previsionale che ha funzionato il almeno 32 città americane. Le autorità pubbliche invece sembrano esorcizzare il tema sia per non entrare in palese conflitto con i giganti digitali, come dichiarò esplicitamente l’ex ministro della digitalizzazione del precedente governo Pisano, sia per i lacci e lacciuoli normativi e politici che continuano a legare la mani alla sanità pubblica.


Oggi tutta la partita si sta giocando sulla capacità di tracciamento, sia per localizzare i focolai che si accendono nella scia degli spostamenti balneari, sia per capire il rapporto fra vaccinazione e varianti che in qualche modo è in atto.

Ma come e con cosa tracciare ? Immuni rimane assolutamente inefficacie e silente sui nostri telefonini. E l’intero sistema epidemiologico continua a basarsi su indicatori retrospettivi, che documentano quanto è successo nel passato, ma non riescono minimamente a cogliere quanto si sta innestando e tanto meno quanto potrà verificarsi nell’immediato futuro.
Su questo tace il governo, che non sollecita minimamente nuove strategie. Tace il garante della privacy che continua a tallonare solo le flebili attività pubbliche ignorando il perdurante saccheggio di dati individuali in rete da parte dei gruppi privati.
Facebook nel suo spazio istituzionale in cui celebra le sue benemerenze accenna anche a forme di collaborazione con vari governi europei, fra cui l’Italia.

Ma di cosa stiamo parlando ? Chi e cosa sta trattando con Facebook ? La sanità ne sa qualcosa ?
Domande che la politica non dovrebbe ignorare. E tanto meno il sindacato.

Stupisce, in particolare, come proprio il sindacato ,che si muove con grande imbarazzo sul versante dei diritti individuali, non colga questo terreno – lo spazio pubblico dei dati che sono di proprietà pubblica sempre – come centrale per dare forma ad una vera iniziativa sociale di adeguamento delle strategie di contrasto al virus agli interessi collettivi.


Si tratta di una straordinaria opportunità per animare questo mondo digitale di interessi comuni e non lasciarlo all’impari relazione fra ogni isngolo utente e le grandi piattaforme. Introdurre oggi forme di negoziazione sociale dei dati e dei sistemi digitali vuol dire civilizzare una straordinaria forma di sviluppo che è la rete, quando è davvero patrimonio di tutti e non accaparramento proprietario.

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