Usigrai: Si al congresso straordinario. No alla scissione del sindacato. Le buone ragioni per restare insieme

Cavallo Rai mazzini

di Lazzaro Pappagallo, Giunta Fnsi e Direttivo Stampa Romana

Grande e’ la confusione sotto il cielo.

Una vecchia massima maoista applicabile alle convulsioni interne alla Rai e, in particolare, all’Usigrai.

Mai estate ed inizio di autunno furono così ricchi di comunicati al vetriolo, di repliche, risposte, affondi, penultimatum e ritirate strategiche.

Cerchiamo di fare un po’ di ordine nel forte rumore di fondo, fissando alcuni punti precisi del nostro movimento sindacale.


GLI AMMANCHI

Lungi dall’essere risolto è ancora il cuore del problema.

Non abbiamo registrato risposte alle dieci domande sottoscritte da molti colleghi che si riconoscono nella nostra componente. In sede sindacale non ci sono stati chiarimenti da parte di Macheda e Di Trapani. Ed erano e sono in larghissima misura domande che esulavano dalle modalità del “fattaccio” e rispettavano la presunzione di innocenza ma chiedevano risposte al come sia stato possibile che tutto sia avvenuto nell’indifferenza e nella trascuratezza dei dirigenti responsabili, che nessunp si sia accorto di nulla.

La linea generale dell’Usigrai resta: non possiamo dirvi niente perchè esiste il “segreto istruttorio del denunciante”. Pare che in una prossima riunione dei comitati di redazione i legali spiegheranno l’arcano virgolettato.

In realtà un paio di mesi fa il segretario Macheda con una mail ha informato gli iscritti che il collaboratore “infedele” aveva un complice “esterno e non giornalista”.

Ha poi concluso augurandosi che la magistratura faccia in fretta.

Peggio ci siamo sentiti dopo l’allargamento della denuncia.

Non solo l’organizzazione (e gli iscritti, lo ricordiamo sempre) è stata svuotata dall’interno di 100mila euro senza anticorpi, senza che qualcuno se ne accorgesse in un tempo prolungato ma ora ci viene detto che ci sarebbe anche un complice esterno.

E chi sarebbe?

Un direttore di banca?
Un fattorino di Amazon?
Un gestore di catering, di alberghi?

Ah non possiamo dirvelo ecc ecc ecc…..

Consigliamo a chi si appresta a diventare giornalista di non esibire il “segreto istruttorio del denunciante” durante il colloquio d’esame pena bocciatura. In commissione c’è un magistrato e potrebbe ricordarsi che il segreto istruttorio è una caratteristica tipica dei pubblici ministeri.

Ci fermiamo a due autori di un presunto reato? Avremo altre rivelazioni? Come è potuto accadere? Perché non si pubblicano sul sito i bilanci?
Noi pensavamo che la cassa dell’Usigrai fosse, come in ogni organizzazione che si rispetti, a prova di bomba, fosse, se ci passate la metafora culinaria, una forma di Parmigiano compatta.

Scopriamo che siamo dalle parti dell’Emmenthal.

Eppure appena è scoppiata la vicenda, abbiamo ricordato in sede sindacale a chi gestisce l’Usigrai che senza far chiarezza sulla cornice della vicenda e rifugiandosi nel “segreto istruttorio del denunciante” ne sarebbero derivate conseguenze molto inquietanti e sgradevoli, inclusi gli attacchi della politica. Cambiare modo di trattare la vicenda avrebbe tolto fiato e ossigeno a chi ha attaccato, talvolta strumentalmente, Usigrai. 

Non è avvenuto nulla di tutto questo.
Al di là dell’arroccamento del gruppo dirigente su una strategia che sta sfibrando e corrompendo il sindacato unitario, portandolo alla scissione, è evidente che gli ammanchi sono il frutto di una totale assenza di regole, di doppi controlli, di revisori dei conti interni, di verifiche e di informazione a tutti gli iscritti del bilancio (non solo ai cdr). 

Stampa Romana ha indicato la strada: cambiare al più presto e convocare immediatamente un congresso straordinario per modificare lo statuto dell’Usigrai, le regole comuni.

RAISPORT E I PROBIVIRI DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA

Le regole dello Statuto, di ogni Statuto aggiungerei, non sono immutabili per definizione. Possono subire aggiustamenti e correzioni di rotta. Tanto più in un corpo intermedio che deve tener conto sia dei problemi applicativi di uno Statuto sia dell’evoluzione della professione.

Qualche settimana fa ha iniziato a lavorare una commissione, coordinata dall’Ufficio di Presidenza di Stampa Romana, proprio per modificare lo Statuto dell’Associazione. Pur essendo stato approvato nel 2015 si può cambiare lo Statuto di Stampa Romana e sistemare le cose che non vanno.
Questa introduzione serve a far capire a tutti che chiedere un congresso straordinario non è un assalto alla di(r)ligenza sempre che si voglia vedere ciò che sta accadendo.


La vicenda di Raisport, un cdr non eletto per quattordici mesi per una regola Usigrai in contrasto con le norme federali (e non può accadere perchè Usigrai è gruppo di base della Fnsi) è una vicenda paradigmatica. 
E’ stata risolta nel modo corretto dopo il ricorso di Stampa Romana ai probiviri nazionali. Ora si tratta di cambiare il regolamento attraverso il passaggio della modifica statutaria in un congresso dedicato anche a questo tema oltre che alla vicenda incresciosa degli ammanchi, dei doppi controlli sui bilanci, delle verifiche contabili.


SINDACATO E AUTONOMIA PROFESSIONALE

Abbiamo trovato surreale e certamente inaccettabile il tentativo di riscrivere un servizio da parte dell’Usigrai nei confronti dei colleghi del tg1 che si sono occupati di Vannacci.

Si è violato un caposaldo della nostra  professione e cioè l’autonomia professionale, un tempo un bene preziosissimo e intangibile nel movimento sindacale progressista a meno che non si scrivano scientemente falsità e non era questo il caso.

Bene ha fatto il cdr del tg1 a rivendicare il valore dell’autonomia professionale.

L’ AUTONOMIA DALLA POLITICA

È il fardello dell’informazione della Rai. Ed è esploso in tutta la sua sconcertante chiarezza per la vicenda del caporedattore della TGR Sardegna appena nominato dopo anni di guida della comunicazione nell’ente regionale locale e dopo, ancor prima, una lunga aspettativa per ragioni politicoelettive.

Questo caso rappresenta un caso scuola e un caso limite.

Sappiamo tutti che si diventa caporedattori delle sedi regionali su nomina del direttore con il gradimento interno delle assemblee. Sappiamo tutti che queste nomine tendono a non avere, diciamo così, un semaforo rosso da parte dei Governatori. 

La vicenda della Sardegna porta al massimo livello di esibizione una prassi mai archiviata. Ed è stata giustamente contestata da Usigrai e cdr delle sedi con lo sciopero delle firme per tre giorni. Una vicenda ancora più paradossale perché il beneficiario della nomina è il marito di una componente dell’esecutivo Usigrai, eletta per Pluralismo e libertà, appena promossa vicedirettrice al tg1, quindi passata dall’altra parte del tavolo e delle relazioni sindacali senza attendere la fine del mandato sindacale.

Una situazione immodificabile?

Fino a un certo punto.

Le nomine FORMALMENTE avvengono tramite job posting, una specie di concorso interno introdotto dall’ad Gubitosi per portare nelle direzioni giornalistiche le regole chieste alla Rai dalla Pubblica amministrazione, dalla magistratura amministrativa e dall’anticorruzione.

In una decina di anni quel meccanismo non è stato governato da regole sindacali, è avvolto da una sostanziale opacità. I colleghi sanno che si tratta di una foglia di fico.

Uno degli ultimi atti da segretario di Stampa Romana è stato portare all’Usigrai uno schema ben costruito di riforma che tenesse dentro punteggi sulla anzianità di servizio, giudizi professionali e ruolo della direzione e dei cdr. La potete leggere qui:

https://stamparomana.it/2022/12/02/job-posting-rai-la-proposta-di-stampa-romana/

Non se ne è saputo nulla.

Segno che le regole per le quali non ci può e non ci deve essere alcuna differenza per le idee e le sensibilità politiche, tutte auspicabili in una azienda  come il servizio pubblico, non devono intralciare i manovratori.

REGOLE E MORAL SUASION

Chi gestisce Usigrai dice che devono valere, in questa vicenda del job posting, le “regole del buon senso”.

Ora.

Regole e buon senso nella stessa frase si scontrano come due orbite totalmente diverse.

Il sindacato è fatto di mediazioni ma qui siamo all’interno delle opportunità di crescita professionale e delle possibilità da offrire a tutte le colleghe e a tutti  i colleghi di partire alla pari.

E poi: Come si esercita il buon senso? Cosa è il buon senso? Chi lo valuta? Come si appalesa? Chi lo registra? Dove si esercita il buon senso? Al telefono? De visu? In paritetica?

Più si accresce il margine di discrezionalità, più si aprono varchi per l’opinabile.

A meno che nell’opinabile si inseriscano i suggerimenti di parte sindacale e la irresistibile tentazione, spiccata in sede Usigrai, di farsi azienda, di diventare ottavo consigliere di amministrazione e/o di codirigere le redazioni.

Eppure un incredibile assist per riformare il job posting è arrivato proprio dal direttore della TGR Alessandro Casarin.

Chiamato in vigilanza anche per il job posting della Sardegna, dopo aver riferito, esattamente come aveva fatto l’azienda nei suoi comunicati di replica al sindacato, che il job posting era inattaccabile anche sotto il profilo del codice etico e l’anticorruzione non aveva avuto nulla da obiettare, poi però ha suggerito ai commissari che si potrebbe cambiare il job posting un po’ sul modello dei magistrati.

Quando si candidano in politica non possono più tornare e averne incarichi direttivi nella Corte d’appello di appartenenza.

Casarin ci ha dato due notizie.

La prima: il job posting dunque esiste. 
La seconda: il job posting può essere normato e modificato. 
Il sindacato è pronto a regolarlo o vale il buon senso o vale il comunicato di qualche giorno fa in cui si scopre l’ovvio ovvero che un vicedirettore della squadra TGR butterà un occhio sulle politiche della Sardegna per evitare imbarazzi. Può finire così? Ora è tutto a posto?



UN ALTRO SINDACATO? NO, GRAZIE

Su queste vicende si è scatenato un putiferio dialettico con grande esibizione di muscoli su X per la gioia di Elon Musk.

Ci fa discretamente orrore una modalità sindacale affidata agli insulti sul già Twitter a tutto vantaggio di un tecnocrate, seguendo e abboccando alle provocazioni dì Gasparri. E non parteciperemo MAI a queste corride sui social.

Abbiamo inoltre un grande rispetto della funzione sindacale delle colleghe e dei colleghi di destra.

Non nutriamo superiorità morali, non pensiamo di essere depositari di chissà quali verità, abbiamo un nostro chiaro codice di comportamento all’interno del quale nutriamo un grande rispetto per chi non la pensa come noi. E pensiamo che il nostro movimento sindacale, vincente a Roma, sia stato tale proprio perché ha riconosciuto le ragioni di altri colleghi. Abbiamo praticato e fatto vivere il pluralismo e non ci siamo inchinati a una ortodossia ottusa. E la gestione degli ultimi anni di Stampa Romana è stata corretta, limpida, forte del mutuo rispetto di Infofuturo e Pluralismo e libertà e di una chiara distinzione dei ruoli.

Proprio per questo e sapendo che è legittimo pensare e organizzare un secondo sindacato dei giornalisti Rai riteniamo che sia una scelta sbagliata.

È già stata fatta in passato con Singrai senza che producesse risultati. 
Elimina il bene per noi prezioso di un sindacato unitario, di un sindacato che sintetizzi le differenze di pensiero e di valutazione sui fatti. 
Rende meno ricco il dibattito interno perchè lo polarizza e in definitiva ci espone ad una grande fragilità in un momento certo non esaltante per il sindacato dei giornalisti tout court e per i sindacati in generale.
Il nostro appello è di non oltrepassare il Rubicone e guardare invece, restando nella casa comune, alla protezione di un bene più grande, i diritti di colleghe e colleghi, e battersi per un cambiamento deciso dell’Usigrai.
Rifiutiamo che nell’organizzazione sindacale e nella sua articolazione, unitaria, doppia o plurima che sia, possano avere voce in capitolo la dirigenza della Rai azienda, la nostra controparte, e la politica che ha ragioni tutte sue, anche quando sono legittime, non coincidenti con le ragioni sindacali.

ALCUNE (BUONE) RAGIONI PER RESTARE INSIEME

Abbiamo cercato di sfrondare le innumerevoli uscite di questi mesi, concentrandoci sull’essenziale. 
Ci scuseranno colleghe e colleghi se non parliamo di casi personali, di Fagnani e il mancato ritorno di Fedez in Rai, argomento totalmente irrilevante, oppure di Rainews 24, argomento certo più rilevante, nel quale però, onde evitare l’effetto “Vietnam di carta” tra comunicati e controcomunicati, invitiamo il direttore ad esercitare il suo legittimo ruolo nel rispetto dell’articolo 34 del Contratto e il comitato di redazione a esercitare il suo legittimo ruolo, tutelando tutti i colleghi senza distinzioni di idee politiche anche da pressioni esterne (se così non fosse la Redazione ricorrerà alla sfiducia dell’uno e dell’altro).

Le buone ragioni per restare insieme:

La tutela del canone e del finanziamento pubblico può essere una buona ragione?

Può esistere un fronte comune di tutte le lavoratrici e i lavoratori della Rai per contare su risorse certe ed adeguate e continuare a fare il nostro lavoro al servizio del Paese e dei cittadini? E’ una ragione sufficientemente fondante e unitaria? Abbiamo visto e letto un ottimo comunicato di tutti gli altri sindacati dei non giornalisti, unitario, firmato da tutte le organizzazioni, Cgil e Ugl inclusa. E perchè Usigrai ne ha fatto uno autonomo? Non era condivisibile quel comunicato che tra l’altro scriveva che le risorse giuste servono anche al rinnovo dei contratti? Vogliamo giocare una partita da soli? Ecco allora una ottima ragione unitaria e trasversale tra i lavoratori.

Il rinnovo del contratto può essere una seconda buona ragione?

Dal 2009 manca l’integrativo Rai per i giornalisti e dal 2014 manca l’accordo nazionale, adattato in Rai quattro anni dopo. L’inflazione si ferma alle porte di Saxa Rubra e delle sedi regionali? Non crediamo ed anche questa è un’ottima ragione per stare insieme.

La riforma dei percorsi di carriera può essere un’altra buona ragione per stare insieme?

Gli automatismi degli accordi per gli inviati e la progressione di carriera, volente la direzione, ha aperto un mondo. E naturalmente tutti gli altri dai redattori ordinari ai gradi intermedi vorrebbero parità di trattamento. Anche questa ragione che riguarda un migliaio di colleghe e colleghi può essere una ragione valida per restare insieme? E la perequazione sindacale con i colleghi assunti dopo il 2009 che fine ha fatto? Si può fare un ragionamento unitario per trovare le coperture economiche individuando nei bilanci Rai le voci da recuperare a beneficio del personale interno per ragioni di equità sociale e generazionale?
Facciamo e chiudiamo con un ragionamento politico.

Berlusconi e la sua sopravvivenza politica hanno determinato l’attuale assetto dei media generalisti e della Rai. Se da un punto di vista industriale è chiaro che le piattaforme stiano corrodendo la tv generalista e tradizionale, noi tenderemmo a rivendicare ancora per Rai e per l’informazione Rai, inclusa quella essenziale territoriale della TGR, un ruolo di sintesi e di coesione per il Paese.

Certamente il nuovo contratto di servizio poteva avere più coraggio dal precariato (la fase due dei giornalisti di rete) all’autonomia e sovranità digitale, inclusa l’intelligenza artificiale per il futuro dell’azienda di servizio pubblico.

 Più prosaicamente e banalmente: siamo sicuri che un servizio pubblico malconcio faccia comodo a un centrodestra nel quale si è appena consumata negli studi Mediaset l’affaire Giambruno? Anche da destra non sarà il caso di rendersi conto della centralità della Rai, della sua autonomia, della cura di mezzi e finanze proprie e pubbliche e tracciabili per un servizio pubblico protagonista e certamente non appiattito alle narrazioni quotidiane e proprietarie, nobili o meno nobili che siano? Con più risalto per tutte le professionalità interne e più freschezza di linguaggi?
Vi lasciamo con questi punti di domanda.

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