IL PASSAGGIO DALL’INPGI ALL’INPS
Cartella stampa per i colleghi
Per chi vuole saperne di più, dribblando fake news e pubblicità ingannevole.
Di seguito una cronologia degli eventi sulla storia dell’Inpgi privatizzato con un focus sugli ultimi anni
1. All’inizio del 2017 l’Inpgi sceglie di passare dal sistema retributivo a quello contributivo. Lo fa dopo 22 anni dall’identico passaggio voluto per l’Inps con la riforma Dini. I dirigenti dell’Inpgi pensavano che quella riforma avrebbe salvato l’ente previdenziale;
2. A un anno e mezzo dal varo, però, i calcoli attuariali davano già segni evidenti di fibrillazione per il costante crollo dell’occupazione (registrabile già dal 2010 anche per il ricorso continuo a stati di crisi e prepensionamenti). La maggioranza della Fnsi e la presidenza Inpgi cercano allora una sponda politica per una soluzione al tendenziale default dell’ente;
3. La sponda politica si chiama Lega nel governo Conte 1. Più precisamente, Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro. Lo stesso che dichiara in un’inchiesta giornalistica un legame con il generale della finanza che indaga sui 49 milioni evasi dal suo partito, quello del parco a Latina da ridedicare ad Arnaldo Mussolini. E la Lega è il partito dell’avvocato Federico Freni, oggi sottosegretario al Mef, già consulente legale dell’Inpgi per alcune questioni di diritto amministrativo;
4. La soluzione, invece, viene individuata nell’entrata dei comunicatori. Il loro numero è incerto. Non sono tutti iscritti all’Ordine. Ed è certo che non vogliono lasciare l’Inps per l’Inpgi che perde 200 milioni all’anno. L’accordo politico garantito dalla Lega, però, dovrebbe risolvere la questione;
5. I comunicatori, mai coinvolti per il loro ingresso in Inpgi, non ci stanno. I vertici Inpgi, peraltro, non sono neanche aperti a garantire loro una rappresentanza nella dirigenza dell’ente: “no taxation without representation” per stare nel solco tracciato dalla Rivoluzione Americana; “una testa, un voto” per stare nel solco tracciato dalla Rivoluzione francese;
6. La voragine Inpgi si allarga sempre più. Nonostante il passaggio dei comunicatori debba compiersi alla fine del 2023 in forza di una legge approvata nel 2019 (in verità, sono indicate le somme che entrano in Inpgi, non l’identità dei nuovi contribuenti), le resistenze di questi aumentano. Così, l’accordo politico salta anche in ragione del cambio dei governi e degli interlocutori politici prima con il Conte 2 poi con l’esecutivo Draghi.
7. La coalizione Sos Inpgi, a questo punto, indica nella “garanzia pubblica” la proposta per la salvezza dell’Inpgi. In altre parole, o l’istituto torna interamente pubblico come prima del 1994 oppure entra nell’area Inps; questa posizione è fatta propria dal presidente dell’Ordine, Carlo Verna, e stimola l’appello al Quirinale di 3mila colleghi raccolto dal comitato Salviamo la previdenza dei giornalisti che ritengono insostenibile ed evanescente la soluzione comunicatori e chiedono al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, un intervento per mettere al riparo la previdenza dei giornalisti;
8. Nonostante i 250 milioni di perdita annua, la linea del Piave della maggioranza della Fnsi, resta il no al commissariamento. La legge del 1994 sulla privatizzazione dell’Istituto prevede due figure di commissario: uno nel caso del risanamento triennale, l’altro in caso di liquidazione. Ma la presidente dell’Inpgi, Macelloni, e i vertici della Fnsi, Lorusso e Giulietti, scuotono la testa: il commissariamento proprio no. Non vogliono neanche sentirne parlare. E allora sul commissariamento, arrivano tre rinvii, di sei mesi in sei mesi. Il commissario, ad avviso di Controcorrente, preparerebbe il passaggio all’Inps con il taglio automatico delle pensioni del “30 per cento” e la cancellazione del “retributivo” (il regime vigente tra 1995 e 2016) nel calcolo delle stesse. L’ultimo rinvio, garantito da una delibera Inpgi sottoposta al varo dei ministeri vigilanti che tassa, tra le altre cose, attivi e pensionati dell’1 per cento in cinque anni, tuttavia annulla il tavolo politico di confronto elaborato dal Conte 2 e ne apre uno tecnico con la presidenza del Consiglio, i ministeri interessati – Economia, Lavoro – l’Inps, la Fieg;
9. Al primo appuntamento di inizio settembre il governo cancella definitivamente l’opzione comunicatori, per quattro anni cavallo di battaglia di Controcorrente;
10. Al secondo appuntamento la Fieg suggerisce l’ingresso di 30mila lavoratori dell’editoria;
11. Al terz’ultimo incontro i vertici Inpgi, dopo aver eseguito uno “stress test”, indicano in 22mila contribuenti la platea di lavoratori subordinati dell’editoria da fare entrare nell’Inpgi tra amministrativi, poligrafici e addetti del web.
12. Stampa romana ottiene un parere legale che ritiene incostituzionale il prelievo quinquennale dell’1 per cento su stipendi e pensioni. La maggioranza del cda inpgi si è inventata una tassa senza copertura di legge, sostituendosi in pratica al Parlamento;
13. La Commissione tecnica ultima i lavori con due opzioni: il passaggio di 22mila lavoratori dell’editoria da Inps in Inpgi o l’incorporazione di inpgi 1 in Inps;
14. Dopo un solo giorno, la prima opzione si dissolve come neve al sole. In legge di bilancio approda solo il passaggio di Inpgi 1 a Inps. Non si toccano pensioni e contributi già acquisiti. Non ci sono i tagli di un terzo delle pensioni dei colleghi e non c’è il ricalcolo dei contributi degli attivi sul quale si appuntava l’allarmismo accusatorio con catastrofici annunci al seguito, di Controcorrente.
(Per blindare il risultato raggiunto sarà necessario seguire con attenzione i passaggi in Commissione e Aula della legge di bilancio).
Ora, ecco cinque uscite pubbliche di Controcorrente e una della presidente Macelloni che ricordava al presidente Inps Tridico di restare dall’altra parte del Tevere: si notino il “garbo”, lo stile sobrio e pacato e, soprattutto, la lungimiranza delle argomentazioni. In realtà c’è poco da scherzare: la maggioranza sindacale, Controcorrente, ha tentato di coprire, anche con attacchi personali scomposti e violenti, ai dirigenti sindacali e ai membri di opposizione nel Cda Inpgi, la loro incapacità a gestire una materia cruciale per migliaia di colleghi e le loro famiglie, ribadendo ostinatamente e nonostante i rifiuti, che l’ingresso dei comunicatori fosse l’unica strada per la salvezza dell’Inpgi.
Chi ha avuto ragione? E quanti portano la responsabilità di tante scelte sbagliate come possono continuare ad aspettarsi la fiducia dei colleghi?
A voi il giudizio.
Allegati
I sussurratori
Gli incoscienti
Gli infingitori (o i falsi)
I raggiri (I truffatori)
I pugnalatori
Ahi, ahi, Tridico