Passione, allegria, curiosità. Le ultime frontiere tecnologiche nell’uso degli smartphone. Energia positiva. E soprattutto tanta leggerezza. E’ stata tutto questo la seconda edizione del Mobile Journalism Italia (Mojo) la manifestazione organizzata da Stampa Romana e dall’Associazione Nazionale Filmaker sotto la direzione di Nico Piro, il pioniere, il mojoer numero uno nel nostro Paese.
Raccontare storie con lo smartphone. Raccontare attraverso le immagini storie destinate a non essere narrate. Girare e montare video con un telefonino. Diffondere in tempo reale contenuti giornalistici dai luoghi più remoti. Impensabile per alcuni, inaccettabile per altri. Poi però vedere proiettati sul grande schermo i lavori dei vincitori, uno tra tutti “Clean up crusader” di Philippe Bromwell, l’emozione suscitata da quel racconto, ispirato all’amore per la natura, alla sua salvaguardia, al dare una nuova vita agli oggetti abbandonati, ti fa toccare con mano le straordinarie potenzialità che uno smartphone può offrire a chiunque voglia mettersi in gioco. Chi direbbe che questa storia è stata girata con un telefonino?
Raccontare storie ordinarie, straordinarie, sono la base del nostro mestiere, un mestiere che si sta trasformando velocemente. Ma se cambiano i linguaggi e i mezzi per esprimersi non cambia la sostanza del nostro lavoro.
Una tre giorni (i primi due alla Casa del Cinema nel cuore di Villa Borghese, l’ultimo nella sede di Stampa Romana e presso il Magazzino Scipioni) si è trasformata in occasione unica di incontri/confronti tra giornalisti, videomaker, comunicatori.
20 seminari pensati per aiutare, indirizzare, approfondire, formare chi si avvicina al mobile journalism e chi questa strada l’ha già imboccata.
E’ stata una piacevole sorpresa vedere seminari strapieni sforare il loro tempo a disposizione: troppa curiosità, tanta voglia di saperne di più su argomenti che sebbene facciano parte della nostra quotidianità spesso sono relegati nelle nicchie degli addetti ai lavori. Ad esempio, solo per citarne uno, il corso sulla cybersecurity domenica mattina alla Torretta dove si è parlato di come proteggere il giornalismo dalle malattie digitalmente trasmissibili.
C’è voglia di sapere. Di scoprire. Di aggiornarsi. Di mettersi in gioco. Di condividere. Lo hanno dimostrato le mille presenze al Mojo, diventato in pochissimo tempo il punto di riferimento per la comunità dei mojoers italiani e non solo. Un Festival che apre la strada a nuove prospettive, nuovi orizzonti professionali, sia per chi un lavoro ce l’ha (e vuole sperimentarsi in una nuova avventura… perché no!); sia per chi un lavoro lo deve ancora trovare (penso a chi sta muovendo i primi passi nel giornalismo); sia per chi un lavoro lo ha perso e attraverso il mobile journalism potrà affrontare le nuove sfide e coglierne le opportunità.
Il popolo dei mojoers è tornato a casa. Con un ricco bottino. Prezioso per tutte le storie che da oggi in poi saranno raccontate grazie ad uno smartphone.
di Silvana Aversa, Ufficio Presidenza Stampa Romana