Rai pride

di Vanna Palumbo consigliera nazionale Fnsi e Direttivo Asr

Un Rai Pride
(Per promuovere buon giornalismo e beneficio del dubbio)

Sarebbe bello risvegliare l’orgoglio di fare il giornalista.
Rimetterci l’anima e chiudere appagati il computer a fine giornata. Suscitare nei ragazzi la voglia di fare questo mestiere da grandi. E nei grandi la fiducia di informarsi da chi questo mestiere lo fa.
Sarebbe bello e forse anche possibile. Ma si può contrastare la crisi rilanciando?

Insomma il giornalismo, funzione fondamentale della democrazia, non sta bene. E quello radiotelevisivo non fa eccezione. A partire dal fiore all’occhiello un tempo rappresentato dall’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo.

Da dove iniziare allora se non dalla Rai, da quel presidio di valori, in parte traditi, che ha dato inizio alle danze delle decadenza?

Troppa burocrazia, troppo vivo (ancora) il cordone ombelicale con la politica, troppa la sedimentazione e le incrostazioni dei tanti passati regimi e registri. E poco, poco coraggio a cambiare.

Occorre una riconversione culturale. Occorre un Rai Pride.

La Rai è la più grande industria culturale del Paese, con un livello non esaltante dei suoi palinsesti, orientati perlopiù ad un pubblico maturo e distante da una modernità tutta da decifrare, ma la sua forza è l’informazione. Essa può e deve risollevarsi. Dalle incertezze e dalla stanchezza. Dalla rinuncia a brillare di luce propria. Il giornalista dell’azienda di servizio pubblico può e deve ritrovare il gusto di lavorare per una grande comunità: quella del Paese.

La Rai non deve fare profitti, accumulare riserve. È un’impresa ‘libera’ di fornire un servizio informativo qualificato. E i giornalisti possono farlo raccontando cosa succede qua e là nel mondo e perchè. Arrivando dove gli altri non vanno ad indagare per motivi di mercato.
Devono cioè fare servizio pubblico. Dare corpo al loro impegno civile. Indurre a pensare, ad interrogarsi. Devono insinuare il beneficio del dubbio.
Del valore essenziale dell’informazione e del servizio pubblico radiotelevisivo sono pieni i manuali di giornalismo e di etica della funzione pubblica (propria dell’azienda Rai).


E a ragione!
Professionalità, qualità, serietà, (che pure non mancano oggi in tanti colleghi solitari) diventino la regola in casa Rai invece che l’eccezione. Con la responsabilità del ruolo che compete ai suoi operatori (l’ho conosciuto) verso le aspettative, i legittimi diritti e la fiducia di chi ascolta o guarda e concorre col canone a mantenere solida l’azienda. Sentimenti che non possono andare traditi.
Le occasioni del Congresso nazionale di Fnsi e regionale di Stampa romana diventino utili anche a ripensare l’informazione del servizio pubblico, per ridarle lo smalto della sua buona tradizione, per rimotivare colleghe e colleghi a scrivere belle pagine di radio e di televisione.

Raccontando la realtà con l’orgoglio del proprio ruolo, la dedizione ai fatti, la completezza, la qualità e la ricerca di ciò che i fatti a volte nascondono, e la chiarezza anche verso un pubblico distratto.
Ne beneficerà tutto il giornalismo. E tutti coloro che “viva la Rai”!

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