Non basta la Cartabia. Si vuole il silenzio sulle ordinanze di custodia cautelare

di Giovanni Del Giaccio

Vietato far sapere: il nuovo emendamento “bavaglio” non vuole far utilizzare ai giornalisti le ordinanze di custodia cautelare

Con un emendamento presentato dal deputato di Azione, Enrico Costa e sottoscritto dal suo collega di Italia Viva, Davide Faraone, registriamo l’ennesimo tentativo di bavaglio alla stampa e al diritto dei cittadini di sapere cosa succede.

La proposta, nell’ambito della discussione sulla legge di delegazione europea, prevede “il divieto di pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”.

Ricordiamo che le ordinanze, una volta notificate alle parti, sono pubbliche e che il loro contenuto può essere utilizzato proprio per ricostruire a beneficio dei cittadini, quanto è accaduto rispetto a omicidi, truffe, scandali di varia natura. Tutte vicende che hanno un rilevante interesse pubblico, cosa che evidentemente a qualcuno dà fastidio.

Siamo i primi a sapere che non tutto ciò che è pubblico è al tempo stesso pubblicabile, esistono precise norme alle quali i giornalisti debbono attenersi, ad esempio non inserendo nelle ricostruzioni vicende che sono estranee ai fatti ma relative esclusivamente alla vita privata dei protagonisti. Questi ultimi, però, sono spesso autorevoli esponenti pubblici, al centro di indagini nell’esercizio del loro mandato, svolto – giova ricordarlo – con i soldi della collettività.

Un provvedimento del genere oltre a “imbavagliare” i giornalisti lascerebbe all’oscuro i cittadini, privandoli del diritto di sapere.

Cronisti che sono già ampiamente ostacolati dalle norme della riforma Cartabia, a causa delle quali anche avere conferma di un arresto avvenuto in pieno giorno su una pubblica piazza è diventato impossibile se non “autorizzato” dalla Procura di turno.
Sono avvenuti, nell’ultimo anno e mezzo, episodi paradossali per cui tali “autorizzazioni” sono arrivate anche mesi dopo i fatti, impedendo ai giornalisti di esercitare il loro diritto-dovere di cronaca.

Rendere impossibile anche l’uso delle ordinanze di custodia cautelare segnerebbe il definitivo affossamento della possibilità di raccontare i fatti sulla base di documenti, ma soprattutto del diritto dei cittadini a essere compiutamente informati.

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